Dopo la macchina a vapore, la scoperta dell’elettricità e l’invenzione dell’internet of things, molti sono concordi nel ritenere che siamo agli albori di una nuova trasformazione, un cambio totale di paradigma nel mondo elettrico.
La sintesi del cambiamento è da ricercarsi nei nuovi modelli energetici che vedono sempre più al centro un oggetto quanto mai primitivo, conosciuto dal 1800 grazie all’italiano Alessandro Volta, la pila, una delle più popolari invenzioni della storia dell’umanità.
Il prototipo della moderna batteria che consentiva di convertire energia chimica in energia elettrica stupì addirittura il grande Napoleone Bonaparte, il quale colmo di entusiasmo e ammirazione concesse a Volta l’onoreficienza.
Senza porre lo sguardo troppo in là nel passato, oggi sorge spontanea una domanda: perché abbiamo dovuto attendere più di duecento anni per far sì che questa tecnologia si sviluppasse e fosse industrializzata? Per molti la risposta è nei limiti tecnologici, nella mancanza di materia prima, nei costi, o nell’assenza di una qualsiasi tecnologia di controllo della carica. Questo è in parte vero. Come è vero però che 50 anni dopo si è preferito investire su altre tecnologie, come il motore a combustione interna, anch’esso inventato da italiani.
Il petrolio chiamato anche oro nero, sebbene conosciuto dai tempi dell’antica Grecia, è stato industrializzato solo nel 1850 negli Stati Uniti, ben 50 anni dopo la scoperta della pila e 20 anni dopo il primo prototipo di auto elettrica abbozzato dall’imprenditore scozzese Robert Anderson.
Alle batterie è sempre stato perciò relegato un ruolo marginale, di scarso appeal.
Lo sviluppo dell’elettronica di consumo ha aperto nuovi scenari industriali e portato allo sviluppo di tecnologie innovative e nuovi modelli di business.
I cambiamenti climatici, vera minaccia globale di questo secolo, hanno indotto molte politiche a prendere provvedimenti in materia di riduzione dell’inquinamento e produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il cosiddetto Dieselgate, o scandalo sulle emissioni, che ha riguardato la scoperta della falsificazione delle emissioni di vetture muniti di motore diesel venduti negli Stati Uniti d’America e in Europa è stato da propulsore per un cambiamento da sempre vociferato ma mai attuato, quello della e-mobility.
Proprio la crescente domanda di veicoli elettrici di nuova generazione ha ridato lustro all’accumulo di potenza.
La mobilità elettrica sta entrando nel linguaggio comune e i massicci investimenti delle case automobilistiche stanno segnando un cambio epocale. Volkswagen, primo gruppo industriale, possiede oggi una capacità produttiva di batterie pari a 25 GWh e nel suo piano industriale prevede di aumentarla a 200 GWh entro il 2025.
Le cosiddette “gigafactory”, le gigantesche fabbriche alimentate a energia solare per la produzione di batterie ad elevate prestazioni, sono al massimo della loro capacità produttiva e non riescono a far fronte alla domanda.
Secondo uno studio di Bloomberg già nel 2030 i veicoli elettrici costituiranno quasi un terzo degli acquisti di automobili nuove.
Oltre al settore automotive, oggi i nuovi sistemi elettrici di storage (ESS) sono è al centro di molte applicazioni e sperimentazioni in condizioni stazionarie. La Nissan, che detiene il maggior parco di auto elettriche in commercio, sta avviando sperimentazioni in collaborazione con primarie società elettriche per l’utilizzo di batterie second-life per applicazioni “behind the meter” sulle reti elettriche.
In Italia, come in altri paesi infatti, la penetrazione delle Fonti Rinnovabili Non Programmabili (eolico e fotovoltaico), combinato ad altri fattori, ha comportato l’insorgere di criticità locali e di «Sistema» per l’esercizio in sicurezza del Sistema Elettrico Nazionale. Le varie tecnologie di storage consentono oggi di ovviare a tali problemi in virtù della loro capacità regolatoria ultrarapida. Ciascuna tecnologia infatti, ha delle caratteristiche che la rendono la soluzione potenzialmente più adatta a soddisfare specifiche esigenze per applicazioni utility scale.
Oggi, come mai in passato, i sistemi di accumulo sono diventati l’anello mancante di una catena destinata a rivoluzionare tanti settori a diversi livelli, dai trasporti a gestione delle reti, dal residenziale all’industriale.Allacciamo le cinture e buon viaggio a tutti!